martedì 19 aprile 2011

WEST - Il mio primo viaggio nel sud ovest degli Stati Uniti

Settima puntata- La Route 66 e il rientro


E’ una tappa fondamentale per chi viaggia in moto negli States ma non è un luogo o una città da raggiungere bensì una strada da percorrere. Parliamo della mitica Route 66 o “The Mother Road” come la chiama Steinbeck nel suo celebre romanzo “Furore”, vincitore del premio Pulitzer. Raccontiamone la storia anche grazie al sempre ben accetto aiuto di Wikipedia e un po’ di sano copia/incolla...

La  U.S. Route 66 o Route 66 è una highway (strada a carattere nazionale) statunitense. È una delle prime highway federali; fu aperta l'11 novembre 1926, anche se fino all'anno seguente non furono installati tutti i cartelli indicatori. Originariamente collegava Chicago alla spiaggia di Santa Monica attraverso gli stati IllinoisMissouriKansasOklahomaTexasNuovo MessicoArizona e California. La distanza complessiva era di 3.755 km (2.347 miglia).
Fu chiamata 66 perché si voleva per lei un numero pari ma siccome il 60 e il 62 erano già stati presi, si optò per il 66 perché suonava bene (sixtysix). Come tutte le altre highways anche la 66 aveva il fondo in terra battuta. Grazie agli sforzi dell'Associazione della Route 66 (associazione creata da Cyrus Avery nel 1927 per la promozione e la raccolta di fondi per la costruzione e la manutenzione appunto della US 66), divenne la prima completamente asfaltata già nel 1938. Molti erano i punti pericolosi così che alcuni tratti la fecero conoscere come Bloody 66, ma subito vennero avviati lavori per migliorare la sicurezza e togliere le curve più pericolose. Un tratto (attraverso le Black Mountains in Arizona) era costellato di tornanti e considerato così pericoloso che i primi viaggiatori, troppo spaventati alla prospettiva di guidare da soli su di una strada così pericolosa, spesso ingaggiavano piloti locali esperti del tracciato. Questo tratto rimase così fino al 1953 e nonostante questo pericoloso tratto, la Route 66 rimase molto popolare.
Negli anni cinquanta, la Route 66 divenne la strada preferita da chi si spostava verso Los Angeles per vacanza. La strada passava attraverso il Painted Desert (Deserto dipinto) in Arizona e nei pressi del Grand Canyon. Il Meteor Crater, il celebre cratere meteoritico dell'Arizona era una delle altre attrazioni che punteggiavano il viaggio. L'aumento vertiginoso del turismo dette l'impulso alla nascita di molte attrazioni commerciali lungo tutto il tracciato: si va dai motel a forma di tepee (la capanna indiana), negozi a forma di budino, negozi che vendono cianfrusaglie pellirosse e fattorie specializzate nell'allevamento di rettili. Il locale Meramec Caverns vicino a San Louis iniziò a fare pubblicità proclamandosi come il nascondiglio di Jesse James. Un ristorante, The Big Texan, pubblicizzava che avrebbe regalato una cena con bistecca da 2 kg (72 once) a chiunque fosse riuscito a mangiarla completamente in un'ora. È sulla 66 che è stata anche inventata l'industria del fast-food con il Red Giant Hamburgs a Springfield (Missouri) , che fu il primo drive-in, ed il primo McDonald's a San Bernardino. Cambiamenti come questi al paesaggio hanno cementato la reputazione della 66 come un esempio quasi perfetto del microcosmo culturale dell'America, adesso strettamente legato all'automobile.
L'inizio della fine della Route 66 fu nel 1956 quando il Presidente Dwight Eisenhower firmò il Federal-Aid Highway Act (Atto per l'aiuto federale per le autostrade). Eisenhower era stato generale durante la seconda guerra mondiale ed aveva combattuto in Germania ed era stato impressionato dalle autostrade tedesche (le autobahn), un sistema che permetteva trasferimenti ad alta velocità. Ritenne che si potesse applicare un sistema simile anche negli Stati Uniti che permettesse di spostarsi da uno stato all'altro senza fermarsi e permettesse anche di spostare rapidamente truppe in caso di emergenza nazionale. Fu così che in molti stati si cominciaro a costruire corsie parallele a carreggiate separate o addirittura a costruire tracciati alternativi più rettilinei che tagliassero i rilievi con scavi e gallerie (insomma, avete tutti visto Cars della Diseney). Nel 1984 anche il tratto attraversante l'Arizona venne cancellato dalle mappe con il completamento della Interstate 40 attraverso Williams (Arizona). Alla fine con la decertificazione da parte della American Association of State Highway an Transport, l'anno seguente la US Highway 66 cessò ufficialmente di esistere.
Con la cancellazione della US 66, non venne creata una sostituta unica. La I-55 ricalca il tratto fra Chicago e San Louis; la I-44 fino a Oklahoma City; la I-40 ne ha preso il tratto più lungo prendendo il posto della 66 fino a Barstow (California); la I-15 porta fino a San Bernardino ed infine la I-10 porta i viaggiatori attraverso l'area metropolitana di Los Angeles fino a Santa Monica. Quando la highway venne dismessa, i vari tronchi della strada vennero trattati in modi molto diversi. Per molte città divenne un collegamento commerciale con le interstate. Alcuni tratti diventarono strade statali, locali, private o addirittura abbandonate. Più dell'ottanta percento del tracciato originale e delle varie modifiche possono essere percorsi ancor oggi con un'attenta pianificazione. Alcuni tronchi sono ancora ben conservati, incluso quello fra Springfield (Missouri) e Tulsa.
Alcuni stati hanno tenuto la designazione 66 per parte della highway come strada dello stato. Le Highway 366, 266 e 66 dello stato del Missouri sono tratti originali della 66. La Oklahoma State Highway 66 rimane un percorso gratuito vicino alle Turnpike. Un lungo tratto in Arizona chiamato Arizona State Highway 66 collega Seligman a Kingman. Un pezzo della strada che collega San Bernardino a La Verne, conosciuta come Foothill Boulevard nella parte orientale di Los Angeles, ha preso il nome di California State Highway 66. Molte strade delle varie contee e strade cittadine continuano ad assumere il nome di 66.
Nel 1990 vennero fondate due associazioni per la Route 66 in Arizona e Missouri ed altre ne nacquero di li a poco. Lo stesso anno lo Stato del Missouri dichiarò la Route 66 come Strada di interesse storico. Il primo cartello indicante Historic Route 66 venne installato a Kearnery Street all'incrocio con Glenstone Avenue a Springfiled (Missouri). Altri cartelli, a volte sporadicamente, segnano l'intero tracciato. Una sezione della strada in Arizona è stata registrata nel National Register of Historic Places (Registro nazionale dei luoghi di interesse storico); la Arroyo Seco Parkway nell'area metropolitana di Los Angeles e Route 66 nel Nuovo Messico sono stati segnalati nel National Scenic Byways (Strade secondarie di interesse paesaggistico); nel 2005 lo Stato del Missouri ha dichiarato la strada State scenic byway per tutto il tratto che gli compete. Nelle città di Rancho Cucamonga, Rialto e San Bernardino (tutte in California) sono stati installati cartelli della US-66 lungo il Foothill Boulevard
INSOMMA, se intendete prendere una moto a Chicago ed arrivare fino a Santa Monica attraversando in diagonale tutti gli Stati Uniti, non riuscirete a farlo interamente sulla 66 originale. Ma potrete percorrerne alcuni tratti ed emozionarvi come è successo a noi.
Con Piccola abbiamo percorso gran parte del tratto originale rimanente in Arizona.

per maggiori dettagli: www.wikipedia.org 

11 Agosto 2010
Località: Las Vegas, NV
Tempo: sole, caldo
Miglia percorse finora: 1939 (circa 3120 km)


Visualizza Day 11, 11th of August: Las Vegas -  Route 66 - Prescott in una mappa di dimensioni maggiori


Partiamo da Las Vegas di buon’ora  con un abbigliamento improbabile costituito da camicia di cotone bianca  a maniche lunghe per Piccola mentre per me una camicia bianca di lino e un cappello cerato alla Billy di easy Rider, con la tesa alzata davanti, a tracolla sotto il casco ed un fazzoletto rosso al collo: l’immagine sgraziata mi fa assomigliare più che ad un biker anni ’60, ad un trattorista “de Perugia”. Imbocchiamo la hwy 93 direttamente dall’ East Topicana Ave che è il viale che incrocia la Strip proprio in corrispondenza dell’MGM Grand. La 93 si snoda verso sud est in pieno deserto zigzagando sui rilievi che portano a Boulder City e alla Diga di Hoover, forse la più grande degli Stati Uniti. Mentre conduco la ormai pesantissima King sui tornanti (abbiamo comprato praticamente tutte le cianfrusaglie di Las Vegas), sento il sole pizzicare la pelle. La sensazione è abbastanza nuova anche perché è il primo vero giorno di caldo in moto. L’altitudine e l’aria rarefatta ci danno però una mano, la temperatura non sale a più di 30 gradi. Anche la camicia di lino fa il suo dovere mentre al resto ci pensa la protezione 30 spalmata su collo, viso e avambraccia. Il passaggio sulla Diga è un po’ noioso, sinceramente siamo già abbastanza abituati alle grandi vedute che dopo essere stati una mezz’oretta in coda per attraversarla (negli Sates è vietatissimo sorpassare una fila ferma con la moto), decidiamo che non vale la pena fermarsi per dare un’occhiata giù. Vogliamo percorrere al più presto la Mother Road e per imboccarla dobbiamo raggiungere Kingman in Arizona.
vista dall'alto della diga di Hoover
Scendendo dalla Diga, la strada si addirizza per solcare inesorabile la sabbia e le rocce giallo ocra. Arriviamo a Kingman prima di pranzo, fa caldo ma non troppo. Perdiamo un po’ di tempo nel trovare il concessionario, Il Mother Road Harley Davidson, sede del Mother Road Chapter. Che delusione però constatare che è un concessionario misto di HD, Yamaha e Quad (mah!). Qui facciamo però un curioso incontro con la comitiva di viaggio dei tour della WEST FOREVER (chi non li conosce?). Una decina, tutti italiani, con le loro belle HD a noleggio e…. un furgone che li segue con i bagagli: troppo facile, non vale! Per dispetto non compro niente… non è dello stesso avviso Piccola, umpf.
Allora! La 66 ci aspetta! Vogliamo andare o no?! Tolgo il casco e calco il cappello come Billy. Siamo in Route 66, limite massimo 55 mph, limite Samurai 45… sennò finisce subito. La strada sale lievemente, intorno a noi aridi e cespugliosi campi ingialliti dal sole, a tratti baracche con insegne colorate a celebranti i ruggenti anni ’50. E rottami di vecchie auto, finti tepee indiani, cianfrusaglie su ogni bancarella che incrociamo. Proprio come me la immaginavo, anche meglio. 
la strada che dalla diga di Hoover
porta a Kingman
il trattorista "de Perugia" sulla
Route 66


A distanza di mesi trovo molto difficile ricordare i dettagli di ogni curva e di ogni baracca ma ricordo benissimo la fame di immagini, la voglia di voler abbracciare tutto con lo sguardo e il terrore di poter dimenticare qualcosa o di farsi sfuggire qualche dettaglio. La Canon scatta  all’impazzata ma coglie solo sterpaglie, la vera bellezza è nel nostro cuore, siamo noi a vestire il deserto e la Route 66 di oro e splendore. La  King borbotta sotto i pantaloni e ci porta a Peach Spring, unico villaggio degno di nota sulla 66, con un ristorante gestito da nativi americani e molti negozietti di chincaglieria indiana. Targhe inneggianti alla 66 vendute ovunque, praticamente anche dal fruttivendolo che a Peach Spring vende cactus. Ma adesso sentiamo anche la fame vera ed entriamo nel ristorante "Diamond Creek" per una rinfrescata, una bistecca e un po’ di fries. Da segnalare la salsa piccante di produzione locale, una bomba … e speriamo che non mi scoppi nell'intestino…
la salsa piccante del Diamond Creek
di Peach Spring
Atlas alla mano, ci prendiamo giusto il tempo di verificare la strada e programmare dove fermarsi a dormire la notte che verrà. Usciamo e fuori del ristorante incontriamo due vecchi biker del Mother Road Chapter, così pieni di medagliette sul gilè che brillano al sole come cristalli di rocca. Due scambi di battute, un paio di foto e via giù ancora lungo il dolce asfalto della 66 tra le baracce e le sterpaglie. Rimangono solo 50 miglia fino a Seligman.
A Seligman la vecchia 66 termina, al suo posto la Interstate hwy 40 (I-40). Ci lasciamo la Mother Road alle spalle senza voltarci troppe volte, come si fa con un’amante che si è costretti a lasciare senza la promessa di tornare. Siamo costretti a percorrere qualche miglio verso est sulla 40, inesorabile e dritta, che dopo la 66 ci sembra anche troppo brutta. All’altezza di Ash Fork, deviamo verso sud sulla hwy 89, attraverso la Prescott National Forest. Qui il paesaggio improvvisamente cambia, si fa più verde, addobbato di basse conifere e rocce sempre più rosse, tipiche del Plateau dell’Arizona. 
in alcuni tratti la 66 corre lungo una
ferrovia con treni merci che a passo
lento ti scorrono accanto
C’è anche un bel po’ di traffico in più, sempre comunque molto scorrevole. Il nostro obiettivo è Prescott, cittadina dell’Arizona molto ben descritta sulla guida Lonely Planet. E’ la guida stessa che ci consiglia un albergo in centro, diverso dai moderni motel. L’Hotel St Michael , al 205 West Gurley Street, si trova in un angolo della piazza pricipale di Prescott. È un vecchio edificio in mattoni rossi, di fine 19° secolo,  e lo dimostra in pieno. Ci accoglie un’abbondante signora dal fantastico sorriso che ci consegna la chiave di una stanza al primo piano. Saliamo lungo una scala in legno che scricchiola ad ogni passo in armonia con l’eco cupo dei passi che rimbalza sulle pareti rivestite di legno. La camera dimostra tutti gli anni che ha ma è molto pulita. Probabilmente l’ultimo restyle lo ha avuto nei primi anni ’70 così come gli altri ospiti, più o meno tutti sopra i 75/80 anni. 
La camera del Saint Michael Hotel
Prescott


L’ampia finestra guarda direttamente sulla Whiskey Row, la via lungo la quale si concentra il maggior numero di locali e birrerie che non vediamo l’ora di andare a scoprire. Ci piace veramente tanto, ottima scelta. Grazie Lonely Planet! Doccia e poi giù in strada anche se Giulia è un po’ provata dal caldo e dai chilometri della giornata. La prima tappa è in birreria per una Budweiser e una Coors (non crediate di trovare la Spaten o la Warsteiner, è più facile che troviate una Peroni Nastro Azzurro) e poi giu al The Palace, il saloon storico che pare sia stato gestito da Wyatt Herp prima che si trasferisse a Tombstone. Attraversiamo le porte basculanti e ci troviamo in un vero e proprio museo dell’epoca pionieristica con reperti, foto e vecchie attrezzature degli anni della corsa all’oro. Quadri e dipinti inneggiano ai vari miti dell’america del selvaggio west e del cinema di Hollywood, primo tra tutti Steve Mc Queen, che proprio dentro il The Palace pare  abbia girato alcune scene di “Junior Bonner” (in Italia con il titolo di “L’ultimo buscadero” - 1972). 
The Palace Restaurant, Prescott
Infatti Prescott è conosciuta in America come la cittadina dove si tiene uno dei più importanti rodeo dell’anno, però si tiene a maggio e quindi niente da fare per me e Piccola. Si vede che è bassa stagione, nel ristorante siamo praticamente gli unici clienti. Ordiniamo così due bei filetti di manzo medium rare, con patate fritte  per Piccola e patate stufate con salse per me. Il prezzo è abbordabilissimo, una sessantina di dollari, quindi lo consigliamo. Dopo cena avrei voglia di un giro in città ma Piccola è a pezzi e optiamo per il piano B… a letto.

12 Agosto 2010
Località: Prescott, AZ
Tempo: sole, caldo
Miglia percorse finora: 2225 (circa 3581 km)


Visualizza Day 12, 12th of August: Prescott - Mesa in una mappa di dimensioni maggiori

Dopo una sana dormita ed un morbido risveglio, riponiamo le nostre cose nelle sacche e ci rechiamo a fare colazione al Saint Michael Bistrot al piano terra dell’hotel. A differenza degli altri motel, qui siamo in una vera e propria caffetteria e pasticceria pertanto ci abbandoniamo a tutti i peccati di gola che riusciamo a concepire. Caffè aromatizzato alla cannella, french toasts, frittelle, uvova strapazzate e tante altre cosine gustose anche se molto americane come genere. Piccola si affoga in una enorme coppa di densissimo yogurt, frutti di bosco e muesli con fragole grosse come albicocche e mirtilli come chicchi d'uva. Paghiamo con i coupon rilasciati dall’hotel con cui il Bistrot è in convenzione. Alle 9 siamo di nuovo in sella.
strada tutta curve nella
Prescott National Forest

La hwy 89 da Prescott verso sud si snoda in stretti tornanti tra conifere che cominciano ad essere molto fitte e verdissime. Qui il limite è sotto le 30 mph e dopo qualche curva capiamo il perché: sui tornanti si scorgono tristi lapidi a memoria di motociclisti che vi hanno lasciato le penne, segno evidente che il percorso è molto gettonato da bikers stile “mugello” più che da Harleysti. La strada sembra interminabile ed anche molto impegnativa per una King che pesa ormai oltre i 700 kg (passeggeri compresi). La velocità bassa lascia comunque il percorso gradevole. Quando terminano i tornanti, a Wilhoit ci fermiamo al primo road bar stile  Arnold’s la cui cameriera con acconciatura accrocchiata ci accoglie con un largo sorriso e ci versa una tazza di caffè nero prima ancora di chiederci cosa vogliamo da mangiare. Un cartello dietro il banco segnala Peach pie (torta di pesche) fatta in casa. Mi si accende la lampadina e il sorriso, la voglio. La porzione è esageratissima, ogni forchettata riempie la bocca inondandola di sapore e rotondità: neanche voglio immaginare la quantità di burro e zucchero utilizzata, le mie coronarie potrebbero entrare in sciopero. Un’altra tazza di caffè e salutiamo. Da qui la strada si fa diritta e scende dall’altopiano verso la pianura di Phoenix. Ed ecco che la temperatura comincia a salire. 
ottima torta di pesche
al Road Bar!


Le conifere lasciano il posto agli enormi cactus saguaro, alti come palazzi con i rami a guisa di braccia protese verso l’alto. La temperatura sale oltre i 35 gradi. La pelle sulle braccia comincia a scottare anche se protetta dalla protezione solare. Piccola, un po’ meno resistente di me al caldo e con qualche problema di bassa pressione, comincia ad avere i primi cedimenti. Facciamo una sosta a Yarnell ma solo per bere un po’ d’acqua dallo zaino. Risaliti in sella, si apre davanti a noi l’immensa e desertica pianura sulla quale si stende la grande città di Phoenix. Una serie di stretti tornanti ci fanno scendere gli ultimi metri di dislivello e qui la temperatura sale ancora, siamo ormai vicino ai 38/39 °. Piccola è un po’ in affanno e decido quindi di fare un’altra sosta in una stazione di servizio di Wickenburg dove compriamo direttamente delle bottiglie di acqua congelata più alcuni integratori salini (in inglese: electrolytes). 
Cactus Saguaro a Wickenburg


E’ da qui in poi che comincia il vero incubo: alla temperatura di oltre 40°, affrontiamo le ultime 60 miglia che ci separano da Phoenix. La strada è dritta e polverosa, assolata come l’inferno. Il percorso è intervallato da numerosissimo semafori che ci costringono a fermarci in continuazione e in più su metà della carreggiata stanno gettando nuovo asfalto. Ogni volta che ci fermiamo ad un rosso, al calore dell’aria si aggiunge quello del nuovo asfalto e del potente bicilindrico che pulsa tranquillo senza perdere colpi. Ad un certo punto, sento che Piccola non risponde più alle mie domande che ogni tanto gli rivolgo per sincerarmi del suo stato di salute e poi il panico quando la sento scivolare giù dal Tour pack. La riprendo al volo per un braccio mentre con l’altra mano tengo la frizione della King. Sta per svenire. La risveglio e punto al primo bar che vedo. 
la vista si apre
sulla pianura di Phoenix


Fermo la moto e la scendo al volo sostenendola e portandola praticamente in braccio dentro il bar con aria condizionata. La faccio bere e al fresco si riprende un po’. Mi preoccupa anche il fatto che devo comunque riconsegnare la moto in serata, pertanto dopo una mezz’oretta le chiedo di ripartire. Pare che adesso sia tutto ok. Ripartiamo. Lentamente ci avviciniamo a Phoenix ma il caldo ancora intensifica la sua forza. Piccola sviene nuovamente, e di nuovo mi fermo al primo bar. Succederà altre 3 o 4 volte prima di arrivare al concessionario di Mesa. Ormai viaggiamo con temperature oltre i 44°C. Come arriviamo al concessionario, esce Patty di corsa in soccorso con una bracciata di bottigliette d’acqua gelata. Finalmente posso far accomodare Piccola sul divano nella sala climatizzata. Dopo aver preso qualche insulto da Patty, che si potrebbe tradurre in “siete pazzi ad andare in moto con queste temperature, non lo facciamo neanche noi che siamo abituati”, riprendo la moto e vado a fare il pieno ad un distributore nelle vicinanze. Poi torno al Chester’s HD per le formalità burocratiche e per scaricare la moto dai bagagli. 
Ritorno al Chester's HD di Mesa,
 Phoenix, AZ


Piccola ora è nuovamente arzilla, completamente ripresa e sta spendendo gli ultimi fondi della carta di credito al negozio: felpe, maglie e chi più ne ha più ne metta. “Occhio che ti riporto al sole!” minaccio io. Ma non ci sente. Comunque sono contento che alla fine sia andato tutto a posto e che la mia Piccola stia bene. Gli ultimi saluti sono quasi commoventi. Poi i ragazzi del Chester’s ci riaccompagnano al motel dove ci aspetta una bella doccia rinfrescante. La cena la spendiamo al Buffalo Wild Wings di fronte al Motel. Siccome tornerò in Italia e riprenderò la mia dieta, mi lascio andare con le gustosissime schifezze fritte che il menù prevede… e finisco anche il piatto lasciato e mezzo da Piccola. La mattina seguente, molto presto, ci attende un aereo per New York e poi da li un altro per Pisa. Quindi a nanna…

MIGLIA TOTALI PERCORSE: 2366,5 (circa 3809 km)
                                     
EPILOGO...
Ogni scrittore che si rispetti, in ogni racconto degno di essere letto, conclude sempre con alti concetti filosofici o con una morale.
Ma io sono un geometra che fa il rappresentante di lamiere, scrive un blog e... viaggia in Harley. Che cosa vi aspettate? E poi le conclusioni si scrivono quando tutto è finito. 
Ma il viaggio di Piccola e Samurai non è finito perché ogni giorno ritorna viva nella mente e nelle membra la sensazione di aria, libertà e di spazi infiniti. 
Che siano le grandi pianure dell’Arizona, i canyon dello Utah, le vette del Colorado o le dolci colline del Chianti, l’importante è che sia il tonfo cupo e metallico di un bicilindrico a far da colonna sonora mentre il vento ti sussurra in faccia la promessa di tanti altri viaggi.


SAMURAI

PICCOLA

UN PO’ DI SPESE IN CHIARO
Voce di spesa
TOT
NOLEGGIO MOTO
€ 968,44
AEREO
€ 2.794,16
POLIZZA ASSICURATIVA
MEDICINE
TRASPORTI E TAXI
ABBIGLIAMENTO
€ 993,45
GUIDA LONELY PLANET
€ 24,50
ACCESSORI E ABBIGLIAMENTO HD
€ 1.069,55
CONTANTI (spese varie)
€ 794,00
ALBERGHI
€ 851,17
CARBURANTE
€ 124,41
SPETTACOLI E DIVERTIMENTI
€ 168,88
RISTORANTI
€ 688,70
GIFT
€ 300,07
TOTALE COSTO VIAGGIO
€ 8.777,33

A PRESTO CON GLI ALTRI REPORT SUI VIAGGI DELLA 
SEZIONE ENO-GASTRONOMICA DEL CHIANTI CHAPTER...